L’Ultimo Respiro di Sandman: Riflessioni sull’Episodio Speciale che Chiude una Serie Troppo Frettolosa
Eccoci qui, al gran finale, a quell’episodio 12 che sta quasi fuori dal flusso della seconda stagione, un episodio speciale che si prende il suo tempo per soffermarsi sulla morte, sulla fine — ma soprattutto su cosa resta, su cosa manca.
Devo dirlo subito: questo episodio mi è piaciuto molto, perché ha quel respiro di retrospettiva e riflessione che avrei voluto vedere molto di più durante tutta la serie. Invece no, abbiamo avuto una corsa continua, con tanti personaggi appena abbozzati, quasi gettati lì per completare uno schema, senza il tempo necessario per farli davvero emergere. Sarebbe stato bellissimo, e lo dico da fan e da appassionata, avere qualche episodio extra dedicato a ciascuno di quei fratelli, a quei personaggi così affascinanti ma ridotti a comparse troppo frettolose. Magari una serie di speciali, un po’ come un piccolo viaggio dentro ognuno di loro, come questo episodio speciale che si concentra sulla morte, ma pensato anche per gli altri archetipi — la sorella quasi invisibile, il Corinzio ridotto, l’inferno, Lucifero...
Parlando proprio dell’inferno e del diavolo, devo dire che la scelta dell’attrice è azzeccatissima, in linea con i ruoli che interpreta spesso — quel tipo di presenza, quell’aura. Ma è un peccato, perché a livello di spazio e approfondimento, questi personaggi hanno una scena davvero risicatissima. Nella prima stagione si era riusciti a dare almeno un’infarinatura, una base, mentre qui sembrano quasi figurine da collezione, messe lì per dovere più che per scelta narrativa. E poi ci sono tutti quei cambiamenti, quei riadattamenti che lasciano spesso con l’amaro in bocca. Il personaggio ti viene presentato in una veste che non è nemmeno lontanamente quella che ti aspetteresti se avessi studiato un po’ la materia — e questo crea quella sensazione di spaesamento, di un racconto che sembra quasi voler andare avanti a forza, senza una direzione chiara, un filo conduttore che leghi tutto bene.
Questo episodio speciale, quindi, ha il suo perché. È bello, ha un’atmosfera lenta, contemplativa, quasi dolorosa — ti fa sentire il peso della morte non solo come evento, ma come tema che attraversa tutta la serie. Però ti lascia anche con quel senso di vuoto, di potenziale sprecato, di un racconto che forse è finito troppo presto, che si è dovuto chiudere con troppa fretta. E questa è la cosa che più mi fa riflettere. Se penso al mio lavoro, alla mia creatività, spero davvero che mai nulla venga prodotto con questa urgenza e con questi tagli così netti che spezzano un progetto in modo tanto brutale. Perché questa fretta, questo voler chiudere senza approfondire, segano davvero le gambe a una storia che poteva essere qualcosa di memorabile, qualcosa che invece resta a metà strada tra un capolavoro e una delusione.
Detto questo, Sandman resta una serie affascinante, piena di spunti, di bellezza visiva e di idee potenti. Ma questo episodio speciale, così come tutta la seconda stagione, sono anche un monito: la narrativa ha bisogno di tempo, di spazio, di rispetto per i personaggi e per il pubblico. Senza questo, anche i sogni più belli rischiano di dissolversi troppo presto.
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