Perché storie come Hunter x Hunter e My Hero Academia ci piacciono ancora: archetipi, affezione e somiglianze profonde
C’è un motivo per cui, anche davanti a personaggi che sembrano “già visti”, non ci stanchiamo mai davvero. Hunter x Hunter e My Hero Academia non sono la stessa storia, ma condividono molto più di quanto si pensi. E il punto non è semplicemente educativo o morale. È qualcosa di più sottile, psicologico: ci affezioniamo a certi schemi narrativi perché parlano a parti profonde di noi — e, se ben fatti, non smettono mai di funzionare.
Colori, caratteri e protagonisti: Gon e Midoriya, così diversi e così simili
Guardiamoli da vicino.
Gon Freecss (HxH) e Izuku Midoriya (MHA) sono due protagonisti infantili nel cuore, ma determinati fino all’ossessione. Entrambi hanno una morale incrollabile, una volontà pura, e una determinazione che non nasce da un bisogno di vendetta, ma da un bisogno di appartenenza e identità.
• Gon vuole trovare suo padre.
• Midoriya vuole diventare un eroe, come All Might, e dimostrare di valere qualcosa nonostante il suo essere “senza poteri”.
Entrambi sono cresciuti con un solo genitore, e la loro vita emotiva è segnata da questa assenza: non in senso tragico, ma come vuoto da riempire, come spinta narrativa e affettiva.
Entrambi sono verdi, nel colore (inconfondibile) e nella simbologia: il verde è crescita, rinnovamento, speranza, ma anche un colore difficile da portare senza equilibrio — proprio come loro.
Non sono i soliti “bravi ragazzi”. Sono buoni, ma non innocui. Possono essere egoisti, ingenui, testardi. Ma non sono mai cinici. Sono pronti a perdere tutto, pur di tenere fede a un’idea di sé che spesso è più grande di loro.
Il gruppo che si forma attorno a loro: l’amico “difficile”, il riflessivo, il curatore
Qui le somiglianze si fanno ancora più evidenti. Ogni protagonista è circondato da un microcosmo relazionale che segue archetipi precisi:
• L’amico con il caratteraccio, ma lealtà profonda: Killua e Bakugo.
Due personaggi esplosivi, autodistruttivi, geniali. Entrambi brillano di luce propria e non sopportano di essere messi da parte. Eppure, alla fine, la loro relazione col protagonista è quella che evolve di più.
• Il compagno riflessivo, coscienzioso, strategico: Kurapika e Tenya Iida.
Diversi esteticamente, ma simili nell’approccio mentale. La giustizia per loro è metodo, non solo sentimento. Hanno un ideale morale altissimo, ma non cieco.
• Il personaggio “curatore”/medico che protegge e sostiene: Leorio e Recovery Girl.
Entrambi sono figure di cura, ma anche di grande concretezza. Non sono i saggi distaccati, ma persone presenti, a volte buffe, altre volte dolorosamente umane.
Questi ruoli non sono semplici cliché: sono strutture relazionali che ci parlano di equilibrio, di crescita personale, di gruppo, e di confronto continuo con la realtà.
L’elemento scuola e prova: tra Esami, Selezioni e Tornei
Sia in HxH che in MHA, c’è una struttura narrativa costruita attorno alla formazione.
• In Hunter x Hunter è l’Esame per diventare Hunter.
• In My Hero Academia è l’accesso alla U.A. e tutto il percorso scolastico.
Questa impostazione non è solo “comoda” dal punto di vista narrativo, ma psicologicamente coinvolgente: ci piace vedere i personaggi alle prese con prove, esami, valutazioni, livelli di potere. È il principio della crescita misurabile. E ci permette di vivere, tramite loro, una forma di progresso personale che nella realtà non sempre è così chiara.
Perché queste storie funzionano ancora? Non solo educazione, ma bisogno di identificazione
Sarebbe facile dire che ci piacciono perché “insegnano valori”. Ma non è abbastanza. Queste storie ci coinvolgono perché ci fanno sentire parte di un cammino. Ogni personaggio cresce, sbaglia, si corregge, crolla e si rialza. E lo fa con coerenza, anche quando la strada è dolorosa.
Non sono superuomini. Sono ragazzi che inciampano. Ma non si arrendono mai, e questo — più di ogni altra cosa — tocca corde profonde.
L’attrazione non è solo narrativa: è psicologica.
Ci affezioniamo ai ritmi, ai colori, ai ruoli ricorrenti. Sappiamo che ci sarà il compagno difficile, la rivalità, il torneo, la crisi, il sacrificio. Ma ci torniamo sempre, perché ognuna di queste tappe è uno specchio: non per come siamo, ma per come vorremmo diventare.
E alla fine, perché non ci stanchiamo?
Perché certe storie, se ben costruite, non sono “uguali”. Sono rituali. E i rituali non annoiano mai, se il contesto li rende vivi, veri, emozionanti.
Gon e Midoriya non sono copie l’uno dell’altro. Sono varianti dello stesso archetipo: il ragazzo che cerca di essere all’altezza di sé stesso, e che nel farlo cambia il mondo intorno a sé.
In un mondo caotico, incostante, disilluso, storie così ci danno una bussola. E se ci commuoviamo ancora per un potere sbloccato all’ultimo momento o per un legame che si rinsalda sotto pressione… è perché in fondo ci crediamo ancora. E ci fa bene.
Nessun commento:
Posta un commento