martedì 13 maggio 2025

Essere unici non basta:

“Essere unici non basta: diario imperfetto di chi prova a distinguersi senza sgomitare”

Certe cose non te le dice nessuno.

Nessuno ti avvisa, ad esempio, che avere una voce tutta tua, uno stile che ti appartiene fin dentro le ossa, un’idea che ti bussa da dentro ogni volta che stai per mollare… non basterà.

Non sarà sufficiente per farti notare.

Non sarà abbastanza per far girare le teste.

Non ti garantirà niente — se non il fatto di poterti guardare allo specchio senza abbassare gli occhi.

E questo, sì, vale tanto. Ma non sempre consola.


La trappola dell’unicità

Cresciamo con l’idea che essere originali sia la chiave: “Trova la tua voce.” “Sii diverso.” “Fatti riconoscere.”

E tu ci credi. Ci lavori.

Costruisci ogni cosa con intenzione, con cura. Fai scelte che ti rappresentano, rinunci a scorciatoie. Metti nei tuoi progetti un’estetica precisa, una filosofia, magari anche un pizzico di vulnerabilità.

Pensi: “Se sono vero, prima o poi qualcuno lo sentirà.”

E invece, spesso, quella verità resta lì, come un biglietto scritto bene che nessuno apre. Perché fuori da te — nella rete, nella vita, nei social — non c’è una mensola dove poggiare l’identità e aspettare che venga accolta.

C’è il rumore. C’è l’imitazione brillante. C’è il contenuto che funziona perché somiglia a qualcos’altro che funzionava già.

C’è il “facciamo quello che piace” anche se non ci appartiene, perché almeno si vede.

E poi ci sei tu, magari.

Che invece provi ogni giorno a non tradire ciò che sei, anche se non è la via più veloce, né la più comoda.

Anzi: a volte sembra proprio quella sbagliata.


L’invisibilità selettiva

È buffo — e un po’ crudele — come spesso proprio chi ha più da dire sia quello che il sistema tende a ignorare.

Non per cattiveria, ma per disattenzione. Perché l’identità vera non urla. Non ti scrolla. Non fa “trending audio” su TikTok. Sta lì, con la voce ferma e lo sguardo dritto. E se ti avvicini, ti parla. Ma devi scegliere di farlo. E allora sì, ti viene da pensare che forse è troppo sottile, troppo complessa, troppo “tua”.

Ti domandi se devi cambiare qualcosa per piacere di più. Se devi snaturarti solo un po’, giusto quanto basta per entrare nell’inquadratura di quello che funziona. Poi però c’è quella cosa.

Quella testardaggine dolce.

Quel tuo modo di dire “no, io così non lo faccio”.

Non per orgoglio. Ma perché se non sei tu, chi altro dovrebbe esserlo?


Distinguersi senza diventare una caricatura

Il rischio, a volte, è di credere che distinguersi significhi esagerare un tratto, renderlo ridicolo o finto pur di farlo vedere.

Ma non è quello il punto.

Distinguersi non è mettersi in vetrina. È portare fuori qualcosa che esiste già dentro, senza impacchettarlo per forza come un prodotto vendibile.

E quando lo fai, anche se nessuno ti applaude, hai comunque detto qualcosa di tuo.

Hai preso posizione. Anche nel silenzio. E questo — anche se non è abbastanza per far diventare virale un post — è abbastanza per restare intero.


Le parole che si sentono solo da vicino

Ci sono parole che si sentono solo se ti fermi.

Solo se non stai già guardando il contenuto successivo.

Solo se, per un attimo, ti interessa davvero sapere chi c’è dietro quell’idea, quel disegno, quel racconto. Forse è questo il nostro campo di battaglia: non diventare più rumorosi, ma trovare orecchie più attente. Costruire uno spazio dove non serve urlare. Dove la delicatezza è un valore, non una debolezza. Dove le identità non devono travestirsi per sopravvivere.


E adesso?

Se ti sei mai sentito/a così — invisibile nonostante tutto il lavoro che ci hai messo, autentico ma ignorato — lo capisco.

Ci sono giorni in cui ci si chiede se ha senso continuare. Se vale davvero la pena essere così “noi stessi”, se nessuno se ne accorge.

Ma poi succede qualcosa.

Un messaggio.

Un commento.

Una persona che ti dice: “Quello che hai scritto sembrava parlare di me.”

E allora capisci che qualcuno ti ha sentito.

Non tutti. Ma qualcuno sì.

E che forse, in un mondo che corre, farsi sentire da uno alla volta è l’unica rivoluzione possibile. E tu? Ti è mai successo di sentirti invisibile anche quando stavi dicendo qualcosa di vero? Hai mai avuto la sensazione di parlare con la voce giusta… nel momento sbagliato?

Scrivimelo nei commenti, se ti va.

Magari tra chi legge c’è qualcun altro che sta lottando in silenzio. E magari, insieme, facciamo un po’ più rumore — a modo nostro.

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