Ben Drowned: la cartuccia maledetta che ha trasformato Zelda in un incubo
I videogiochi sono mondi da esplorare, storie da vivere, avventure da ricordare. Ma a volte… diventano qualcosa di più. A volte ti guardano. Ti chiamano per nome. Ti inseguono anche quando hai spento la console.
E se c’è una storia che incarna alla perfezione questa inquietante fusione tra finzione e realtà, è quella di Ben Drowned, una delle creepypasta più celebri e spaventose di internet.
Ora, a me le leggende piacciono da morire (non letteralmente, spero), perché amo creare mondi che non si limitano a raccontare una storia, ma che fanno nascere dubbi, domande, teorie. E questa, beh… sembra scritta apposta per uno come me. Ma bando alle ciance: accendiamo il Nintendo 64, soffiamo sulla cartuccia (metodo scientificamente inutile ma sacro) e tuffiamoci nel mistero.
Una cartuccia di seconda mano... Un nome che non se ne va
La storia nasce nel 2010, quando un utente del web, Jadusable, pubblica un post raccontando di aver trovato una copia usata di The Legend of Zelda: Majora’s Mask in un mercatino.
Sulla cartuccia, un dettaglio: il nome “BEN” scritto a pennarello.
Fin qui, tutto normale. Chiunque abbia mai comprato giochi usati sa che prima o poi becchi quello con sopra il nome del vecchio proprietario. Ma questa cartuccia… non voleva dimenticare BEN.
Il file di salvataggio con quel nome era già lì. Il nuovo proprietario cercò di ignorarlo e creò un altro slot, ma qualcosa non quadrava: il gioco continuava a riferirsi a lui come BEN, come se quel nome fosse scritto da qualche parte nel codice, impossibile da cancellare. E poi iniziarono le anomalie.
Il gioco che gioca con te
Di colpo, tutto diventò strano.
•La musica del gioco era velocizzata o suonava al contrario.
•I personaggi non parlavano, o dicevano frasi senza senso.
•Link moriva senza motivo e si ritrovava in posti inaccessibili.
E poi c’era lui: la statua di Link sorridente, che nel gioco originale compare solo per pochi secondi… ma che adesso iniziava a seguirlo ovunque.
Cosa che, detto chiaramente, fa più paura di qualsiasi boss finale.
Ma il momento più inquietante arrivò quando sullo schermo comparve una frase:
“You’ve met with a terrible fate, haven’t you?”
Un messaggio che nel gioco originale viene detto dal misterioso Happy Mask Salesman… solo che stavolta sembrava essere rivolto direttamente al giocatore.
E il file BEN?
Non si poteva eliminare. Anzi, ogni volta che il ragazzo ci provava, il gioco creava nuovi salvataggi con nomi ancora più inquietanti.
A questo punto, la paura non era più solo dentro lo schermo.
Maledizione o geniale trovata?
Ora, facciamo un passo indietro.
Ben Drowned è una creepypasta, una storia dell’orrore nata su internet. Ma la differenza tra questa e le solite leggende metropolitane è che Jadusable non si limitò a scrivere un racconto: creò video di gameplay falsificati, mostrando il gioco “posseduto” in azione.
E funzionò.
Il web esplose. I fan iniziarono a cercare risposte, a teorizzare, a discutere se la cartuccia maledetta esistesse davvero. E qui sta il vero colpo di genio: Ben Drowned non è solo una storia, è un fenomeno culturale.
Ed è questo che mi affascina.
Da Zelda al mio universo: perché amo queste storie
Io non racconto solo storie. Io costruisco leggende, mondi in cui realtà e finzione si intrecciano, in cui una semplice storia può diventare un mistero da esplorare ed un viaggio da vivere.
Ben Drowned mi ha "insegnato" una cosa importante: le storie più potenti non sono quelle che si leggono, ma quelle che ti fanno dubitare della realtà. E se un giorno qualcuno dirà lo stesso delle mie storie? Se nasceranno teorie, leggende, misteri attorno a quello che creo?
Beh, vorrà dire che ho fatto bene il mio lavoro.
Nel frattempo, però, se trovi una cartuccia con scritto un nome sopra… magari lasciala dov’è... Meglio non rischiare.
Leggere questo articolo mi ha, senza neppure conoscere bene l'argomento, intimorito e agitato: quanto straniante può essere questo mondo virtuale...sono lieta che non sia stato e non sia particolarmente il mio‼️🤔🫣🧐😉
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