giovedì 28 agosto 2025

Stranger Things – Stagione 3, Articolo 1

L’estate dei cambiamenti

La terza stagione di Stranger Things è l’estate che non si dimentica: non solo per Hawkins, ma per chi guarda e riconosce come il tempo stia avanzando, dentro e fuori lo schermo. Se nelle prime due stagioni il tempo sembrava sospeso, qui la realtà si fa spazio con forza: i ragazzi stanno crescendo, cambiano i loro corpi, le voci, i volti, e questo non è più un dettaglio di contorno ma diventa parte integrante della narrazione.


Abbigliamento: dalla goffaggine all’identità

Il guardaroba dei personaggi è forse il primo segnale di svolta. Non più solo giacche imbottite, jeans consumati e magliette anonime. Adesso ogni personaggio indossa abiti che raccontano la sua nuova identità:

  • Undici, finalmente libera da un camice o da vestiti prestati, sperimenta abiti colorati, geometrici, con fantasie sgargianti che la catapultano nel cuore della moda anni ’80. È un modo per dire: “sto scegliendo chi sono”.

  • Max porta abiti sportivi, shorts e top dai colori accesi, incarnando la sicurezza di chi non ha paura di mostrarsi.

  • Dustin mantiene tratti infantili nello stile, cappellini e magliette stravaganti che lo distinguono, ma ora fanno sorridere perché il suo corpo racconta già l’adolescenza.

  • Mike e Lucas oscillano tra camicie a quadri e t-shirt a righe, il tipico look da teenager americano degli anni ’80, che si allontana dal vestiario “da ragazzino”.

  • Will, invece, rimane l’unico quasi fermo: il suo abbigliamento sembra intrappolato in un’infanzia che non riesce a lasciarsi alle spalle, come a dire che l’Upside Down lo ha rallentato anche fuori dal tempo reale.

Gli abiti diventano quindi specchio di un passaggio: non si è più bambini, ma non si è ancora adulti.


Le luci: dall’oscurità al neon

Un altro cambiamento evidente è nella fotografia e nelle luci. Dove la prima stagione viveva di boschi bui, case soffocate da luci tremolanti e atmosfere fredde, la terza porta una saturazione nuova:

  • neon sgargianti del nuovo centro commerciale, lo Starcourt Mall, diventano il simbolo di un’America che brilla di consumismo e colori, ma nasconde crepe sotto la superficie.

  • Le scene domestiche, invece, restano più calde e intime, quasi un contrappunto nostalgico.

  • Le sequenze di tensione ritornano ai blu e ai neri dell’Upside Down, ma questa volta si mescolano con rossi intensi e luci intermittenti, come se l’orrore stesso fosse diventato più visibile, più vicino, meno nascosto.

La luce diventa linguaggio: non solo racconta l’atmosfera, ma marca la differenza tra un prima cupo e un presente che cerca di essere luminoso, senza riuscirci davvero.


Il cattivo che non muore mai

Il male in Stranger Things ha la forma di un’ossessione: non si spegne, non si esaurisce, cambia pelle. Il Demogorgone, i Demodogs, l’Ombra: sono tutte incarnazioni di un’unica intelligenza che torna sempre, trovando nuove strade per insinuarsi.

Nella terza stagione, il cattivo non arriva più soltanto come mostro da un altro mondo, ma come qualcosa che si appropria dei corpi. Il Mind Flayer assume nuove forme, si ricompone attraverso la carne, trasforma le persone in veicoli del suo potere. È lo stesso nemico, ma con una maschera diversa, e proprio questa continuità nell’orrore lo rende più inquietante: è immortale perché è fluido, e si adatta a tutto ciò che incontra.


La crescita degli attori: tempo che si vede

Guardando questa stagione, è impossibile non notare la crescita dei giovani attori. Non è solo questione di centimetri in più o voci più profonde: è lo sguardo che cambia.

  • Mike non è più il leader impacciato, ma un adolescente innamorato, capace di ribellarsi agli adulti.

  • Undici ha negli occhi una consapevolezza nuova, una sicurezza che prima mancava.

  • Will rimane fragile, ma il suo dolore non è più quello di un bambino, bensì quello di un ragazzo che porta un trauma sulle spalle.

  • Dustin diventa il “comic relief” con più coscienza di sé, e la sua ironia non è più infantile ma adolescenziale.

  • Lucas e Max incarnano la coppia tipica degli anni ’80, fatta di litigi, complicità e attrazione.

La differenza con la prima stagione è evidente: se allora erano “ragazzini alle prese con un’avventura”, adesso sembrano teenager costretti a crescere troppo in fretta.


Conclusione: l’estate che segna la fine dell’infanzia

La terza stagione è la stagione del passaggio. Non è solo l’arrivo di un nuovo nemico, ma la presa di coscienza che nulla può più tornare com’era. Hawkins cambia, i ragazzi cambiano, persino i colori e le luci cambiano. L’orrore resta lo stesso, eterno e immortale, ma gli eroi che lo affrontano non sono più bambini: sono adolescenti che stanno diventando adulti davanti ai nostri occhi.

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